Intervista a Giambattista Ravano, Professore e Direttore delegato per la ricerca e l’innovazione SUPSI

in SUPSI dal 1997

Si ricorda il suo primo giorno in SUPSI?

Non so bene neppure quale debba essere definito il primo giorno in SUPSI per me, dal momento che ho partecipato alla fase di progettazione precedente alla sua messa in funzione.
Probabilmente quello in cui ebbi un colloquio con l’allora e primo presidente della SUPSI Edo Poglia che mi chiese di dirigere il Dipartimento Informatica ed Elettronica.

Da quel momento, sono trascorsi 20 anni… Qual è stato il suo percorso all’interno della nostra Scuola universitaria?

Sono entrato nel 1997 nella direzione del Dipartimento di Informatica ed Elettronica di cui sono stato anche Direttore, ma in fondo facevo già parte del sistema di formazione terziaria da tre lustri come docente professionista. Alla costituzione del Dipartimento tecnologie innovative nel 2003 ne sono stato nominato direttore, funzione che ho svolto fino al 2014, quando ho assunto la funzione di Direttore delegato per la ricerca e l’innovazione SUPSI.

Essere attivi presso la stessa realtà da così tanti anni è segno di attaccamento: cosa le piace di più del suo lavoro, del mondo SUPSI?

La grande libertà di pensiero e in parte anche di azione, come in tutte le istituzioni universitarie svizzere.

Dalla fondazione ad oggi la SUPSI ha vissuto un importante sviluppo: un percorso a cui hanno contribuito e contribuiscono tutti i collaboratori attivi, nelle diverse funzioni, in tutti i mandati. C’è un progetto o un’attività particolare, a cui ha preso parte, di cui va particolarmente fiero o che ritiene importante per lo sviluppo della Scuola o di un suo settore/ambito? Se sì, per quale ragione?

La costruzione del nuovo Dipartimento Tecnologie Innovative.
Si trattava di fare alcune cose non da poco: integrare due grossi istituti di ricerca, farne nascere altri due, inserire i corsi di laurea nel sistema universitario nato dalla riforma di Bologna, aprire a nuovi corsi di laurea (meccanica e gestionale), posizionarsi rispetto all’Università, creare una sola cultura istituzionale tra l’insegnamento e la ricerca e, non da ultimo, diventare il riferimento per un settore economico importante della regione.

C’è un ricordo particolarmente felice o un aneddoto che vorrebbe condividere?

Qualche anno fa il Consigliere federale Schneider-Amman mi chiamò a Berna per propormi la vicepresidenza del Consiglio svizzero di accreditamento. Fu una bella discussione sul futuro della Svizzera. Poi assunse un tono molto preoccupato e iniziò a parlarmi della retribuzione della funzione. Quando gli dissi che la questione non aveva importanza per me sembrava molto sollevato. Forse conosceva le mie origini, gli dissi, e temeva di dover contrattare. Finimmo con una risata entrambi.

Se volesse rivolgere un augurio alla SUPSI per il suo anniversario, guardando magari al futuro, cosa direbbe?

Di essere sempre un’ istituzione aperta al cambiamento e alla diversità.