Un quinquennio alla direzione del DFA

Nell’aprile del 2Ol2 mi è stata assegnata la conduzione del dipartimento e il 31 agosto passerò il testimone con stima e fiducia all’amico e collega Alberto Piatti, un direttore entrante con una completa visione d’insieme sul DFA e la SUPSI, riconosciuto in seno al Consiglio di direzione e al Dipartimento, ben conscio della realtà universitaria svizzera  e attento alle missioni del nostro istituto e allo sviluppo della terziarizzazione nelle ASP.

Poco meno di un anno fa, nel merito della funzione che mi appresto a lasciare per ritornare alle attività accademiche che più prediligo, l’intervista ripresa dalla penna di Marco Ortelli ne sintetizzava così la complessità: -“il ruolo ha richiesto che mi occupassi di molti e variegati aspetti: da quelli legati alla politica universitaria, alla didattica e la ricerca, agli aspetti amministrativi, gestionali e  imprenditoriali. La direzione di un dipartimento come il nostro implica una piena assunzione di responsabilità per tutto ciò che riguarda le singole vicende dell’istituto tanto quanto i suoi principi ed orientamenti generali. Per usare un’immagine sportiva, si fa un lavoro di squadra, si delegano compiti e funzioni, ma è il direttore che in prima persona ha la responsabilità di tutto quello che la ‘squadra’ porta in campo. Una ‘partita’ dove contano delle linee guida chiare, non da ultimo lo sviluppo dell’accoglienza reciproca, dell’ascolto e del dialogo tra tutti i ‘giocatori’ coinvolti e con tutte le parti interessate: studenti, formatori, istituzioni e autorità scolastiche… .”- (Illustrazione Ticinese, novembre 2016).

Oltre che di compiti e funzioni una scuola è fatta di relazioni, di moltissime relazioni. Senza giungere ad affermare seriamente che il lavoro sia un pretesto per le relazioni, mi è sempre stato chiaro che una relazione autentica, dialogica ed empatica, senza abdicare alle proprie responsabilità dichiarate o altrimenti dettate dall’etica professionale, sia alla base di qualsiasi lavoro e di dinamiche professionali vitali per l’istituzione e per le singole persone che la vivono, la interpretano e la sostanziano. Una condizione indispensabile per un confronto costruttivo. Una condizione non sempre facile da garantire con costanza e continuità e soprattutto con la capillarità e la profondità necessarie o attese da ognuno.

Nella Rivista di Locarno (giugno, 2014), a chi mi chiedeva un avviso sulla conduzione della scuola che abilita all’insegnamento, dichiaravo: – “il grado di complessità di questa scuola rispetto alla Scuola Magistrale è decisamente cambiato, soprattutto per l’ampio ventaglio di offerta che dobbiamo assicurare e per le forme di rapporto con il Cantone che il passaggio alla SUPSI ha comportato. Ho certamente (ri)trovato un corpo docente e tecnico-amministrativo valido, che devo ringraziare per l’accoglienza e per la disponibilità, grazie alla quale è stato da subito possibile collaborare e portare a buon frutto il grande impegno che assieme portiamo avanti. Ho trovato attenzione, competenza e passione non solo nei confronti del nostro mandato principale, che è quello di formare docenti, ma anche nella voglia di proporsi ed esporsi nel contribuire ulteriormente all’ampia offerta di esperienze e di momenti culturali aperti, che la Città e la regione già offrono organizzando, da soli o in collaborazione con altri, eventi particolari dentro e fuori le mura dell’ex convento di San Francesco. Ritengo ottimi gli sviluppi sul piano della ricerca in educazione e nella formazione, con aspetti da confermare e consolidare e altri da promuovere, considerando anche l’evidente potenziale vantaggio in tal senso della collocazione in seno alla supsi. (…) Siamo una scuola giovane, nella sua nuova concezione, e il lavoro da fare è ancora tanto, con un occhio di riguardo puntato sulle esigenze immediate, ma senza scordare la necessità di consolidare una presenza qualificata e qualificante, come scuola universitaria professionale, nel contesto accademico locale e nazionale.“-

Non tutto è stato facile e scontato. Molte sono le cose fatte e altrettante sono quelle associate ai processi interni (rivisitati, attivati o sospesi), alle strategie e alle missioni del Dipartimento (formazione di base e continua, ricerca e servizi), ma certamente l’Alta Scuola Pedagogica della SUPSI, il DFA, oggi è una realtà solida, riconosciuta e pienamente inserita nel panorama accademico locale, nazionale e internazionale. Ringrazio ognuno, tutti gli attori coinvolti, per il concorso critico nel promuoverne la qualità e la visibilità, per il sostegno fornito al sottoscritto, al Consiglio di direzione in questi anni e per il contributo fattivo al consolidamento del Dipartimento in quanto tale e quale elemento costitutivo della SUPSI.

Danilo Dolci, in Poema umano (1974) scriveva : “Ciascuno cresce solo se sognato”. Invito tutti, senza distinzione alcuna, a non smettere di sognare e a ricercare le condizioni per realizzare assieme, con spirito critico di servizio, il futuro di questa nostra scuola e della società.

Michele Mainardi