Intervista a Dario Galimberti, architetto, Responsabile del corso di laurea in Architettura, DACD

in SUPSI dal 1997

Si ricorda il suo primo giorno in SUPSI?

Impossibile da dimenticare. Avevo una lezione di teoria, ero in anticipo e inquieto. Con la testa negli appunti superai l’ingresso in via Trevano dirigendomi verso Canobbio. Quando finalmente mi accorsi che forse dovevo fermarmi prima, era ormai tardi per azzardare manovre, così continuai fino a un incrocio adeguato e feci inversione. Il dramma fu che superai di nuovo l’entrata della SUPSI e mi ritrovai sulla discesa davanti al cancello dell’allora deposito dei bus. Osai una manovra audace. L’idea era quella di attraversare il marciapiede e fare inversione sfruttando lo spiazzo prospiciente l’ingresso degli autobus. Ahimè, mentre svoltavo a destra, l’auto divenne una sorta di infelice ostacolo per un giovane che scendeva a tutta velocità con il motorino sul marciapiede. Vi lascio immaginare lo scontro. Con la prontezza di spirito che scaturisce in quelle situazioni, dopo una verifica delle condizioni del malcapitato – che per fortuna stava in piedi – lo portai al pronto soccorso dell’ospedale Civico. Attesi con ansia l’esito della visita. A parte lo spavento – di entrambi – non aveva nulla di rotto. Prudente ritornai a Trevano, questa volta con un unico obiettivo: non superare l’ingresso. L’incredibile di tutta quella vicenda fu che arrivai con pochissimo ritardo a lezione.

Da quel momento, sono trascorsi 20 anni… Qual è stato il suo percorso all’interno della nostra Scuola universitaria?

Sono in SUPSI in pratica da quando è nata. Ero docente alla Scuola Tecnica Superiore (STS) e ho partecipato in prima persona alla trasformazione.
Per il corso di laurea in Architettura fu una partenza davvero in salita. Nessuno sapeva cosa volesse dire quello strano nome “SUPSI”, nemmeno gli orientatori professionali. Tant’è che dopo una fase iniziale piuttosto zoppicante ci ritrovammo nell’allora “DCT” con un primo anno e zero studenti: la preoccupazione fu grande. Nello stesso periodo a Mendrisio nasceva l’Accademia di Architettura, pubblicizzata un po’ ovunque e con grandi obiettivi. Sebbene i profili erano e sono diversi, e complementari, non fu facile ricominciare – dopo la STS – con un concorrente così illustre. Ci vollero diversi anni di promozione, costanza e soprattutto un grande impegno e professionalità da parte di tutti quelli che credevano nella SUPSI e in particolare nel corso di laurea in Architettura.

Essere attivi presso la stessa realtà da così tanti anni è segno di attaccamento: cosa le piace di più del suo lavoro, del mondo SUPSI?

Credo che ognuno di noi abbia dato oltre l’impegno, le forze e le competenze, anche un pezzettino del proprio cuore. Siamo stati parte di questo grande progetto collettivo, che è cresciuto in maniera incredibile quasi dal nulla, per affermarsi a livello cantonale, nazionale, superando perfino i confini della Confederazione. SUPSI è diventato sinonimo di competenza e professionalità, e quando se ne parla, sui giornali, nei luoghi pubblici, tra la gente, ci si rende conto di quanto questa scuola sia considerata illustre e degna di indiscussa credibilità. Per quanto riguarda il mio lavoro in SUPSI, la cosa che ho apprezzato e apprezzo di più è il rapporto con gli studenti e lo scambio di valori che ne deriva.

Dalla fondazione ad oggi la SUPSI ha vissuto un importante sviluppo: un percorso a cui hanno contribuito e contribuiscono tutti i collaboratori attivi, nelle diverse funzioni, in tutti i mandati. C’è un progetto o un’attività particolare, a cui ha preso parte, di cui va particolarmente fiero o che ritiene importante per lo sviluppo della Scuola o di un suo settore/ambito?

Dopo tanto tempo i progetti e le iniziative sono stati molti. Credo che il Workshop che organizziamo ogni anno, e che coinvolge tutti gli studenti del corso di laurea in Architettura per una settimana in un progetto verticale, lo si possa considerare un’attività importante. Oltre alla trasmissione delle conoscenze tra docenti e studenti e soprattutto tra studenti e studenti, è improntato su tematiche innovative del costruire e spesso con finalità umanitarie. Il progetto ha vinto anche un’edizione del “Credit Suisse Award for Best Teaching”.

C’è un ricordo particolarmente felice o un aneddoto che vorrebbe condividere?

Davvero molti. Ricordo l’ultimo: le toccanti lettere degli studenti del terzo anno, cariche di emozioni e di simpatia, dove hanno narrato le esperienze umane e professionali avute con i colleghi etiopi durante la costruzione di un’aula scolastica in Africa.

Se volesse rivolgere un augurio alla SUPSI per il suo anniversario, guardando magari al futuro, cosa direbbe?

Innanzitutto “Buon Anniversario”. Per il futuro direi: Cara SUPSI continua come finora a proporre qualità, tutto il resto verrà da sé.